“In attesa del pronunciamento del Tar di Bari sulla spinosa e annosa questione del deposito Gpl di Energas che dovrebbe essere realizzato nell’area industriale di Manfredonia, si intensificano le prese di posizione di chi è favorevoli al deposito e di chi dice no. Venuti meno i veli della politica, sono scesi in campo i soggetti economici capitanati dal presidente della Confindustria di Foggia, il manfredoniano Gianni Rotice, che ha espresso senza mezzi termini il gradimento dell’associazione degli industriali a quell’iniziativa. Una posizione sulla quale si sono attestati nelle ultime ore (ma lo erano in pectore da sempre) gli imprenditori De Girolamo (leader nella logistica integrata e nei traffici marittimi), e il presidente dell’Autorità del sistema portuale del mare adriatico meridionale della quale Manfredonia fa parte, Ugo Patroni Griffi.

Non meno agguerrito il fronte contrapposto andatosi irrobustendo di altri aderenti (associazioni e privati) alla causa del «no» al progetto Energas. Ciascuna delle trincee contrapposte ha evidenziato i benefici e i «malefici» veri o presunti, economici e sociali, che possono derivare da quell’impianto. Elencazioni dettagliate che si vanno ripetendo da anni senza che, almeno fino ad oggi, si sia delineata una posizione che ponga fine, in positivo o in negativo, a questa faccenda che si accosta per tanti versi alle tante altre già viste, combattute e finite invariabilmente nel nulla. Non sono molto lontane le furibonde vicende legate allo stabilimento Anic-Enichem-Syndial, così come le speranze-delusioni del poderoso disegno del Contratto d’area finito miseramente. Anche l’esperienza italo-giapponese dell’Ajinomoto Insud che avviò agli inizi degli Anni sessanta, l’epoca della industrializzazione di questa parte marittima della Capitanata, è finita nel tritacarne delle diatribe industriali-sindacali che hanno preceduto la sua chiusura e quindi la scomparsa di quella fiammella sulla quale si contava di illuminare «il riscatto di questa terra emarginata e avviarne lo sviluppo».

Negli anni Settanta i governi democristiani (ma non solo) tornarono sul riscatto e lo sviluppo di questa terra inducendo la potentissima Eni ad impiantare nella piana di Macchia il quarto centro petrolchimico d’Italia. E quando anche quel sogno svanì non senza drammatiche conseguenze, il governo Prodi (e siamo arrivati agli anni Novanta) venne in soccorso di quest’area dichiarata di crisi, con il poderoso e ricco Contratto d’area che manco a dirlo naufragò miseramente in men che non si dica. Una battaglia dopo l’altra combattuta in nome di alternative economiche fondate essenzialmente sul turismo. Un settore dalle variegate attività che ha ragionevoli presupposti di essere su una riva del golfo dalla millenaria storia, ma che non ha avuto quei seguiti proclamati ad ogni occasione. E son passati una cinquantina d’anni. E a quanto pare si è punto e accapo. Questa volta pomo della discordia è un deposito di Gpl. La città di Manfredonia pare viva di conflitti che non hanno approdato a niente, incapace di fare scelte chiare e decise e di portarle avanti. Rimane come sospesa nel limbo dell’incertezza. Eternamente in surplace al bivio industria/turismo. Ignara del mondo che va avanti. E’ forse giunto il momento di dare una risposta certa e concreta alla domanda in sospeso da mezzo secolo: quale futuro per Manfredonia?”

Michele Apollonio – La Gazzetta del Mezzogiorno